🇮🇹 L’Italia ha tutto, ma manca ancora qualcosa 🇮🇹
Ci dipingono sempre come un Paese in difficoltà, un popolo di sognatori più bravi a lamentarsi che a costruire il futuro. Ma la realtà è ben diversa.
Siamo la settima potenza economica mondiale, nonostante anni di instabilità politica che ci hanno fatto perdere qualche posizione. Eravamo quinti, certo. Ma vi rendete conto di cosa significa essere ancora tra i primi dieci?
Siamo il terzo paese per importanza nella NATO, un pilastro della sicurezza globale.
Abbiamo la seconda manifattura d’Europa e la quarta al mondo, e qui non parliamo solo di quantità, ma di qualità assoluta. Quando serve precisione, design e innovazione, chi chiamano? Noi.
E a proposito di cose che non si sanno: l’Italia è uno dei maggiori produttori di navi da crociera. Quelle città galleggianti che ospitano migliaia di persone. Molte nascono nei nostri cantieri.
Nello spazio non siamo da meno. Abbiamo un’industria spaziale tra le prime al mondo e siamo uno dei pochi Paesi in grado di costruire un satellite senza dover importare componenti dall’estero. Non è fantascienza, è realtà.
E poi, inutile dirlo, cultura, arte e cibo senza pari. Abbiamo dato al mondo il Rinascimento, la lirica, il cinema d’autore, la cucina che tutti ci invidiano. In ogni campo che tocchiamo, lasciamo il segno.
Ma c’è una cosa che ci manca per essere davvero i primi al mondo: la cultura digitale. Il problema non è la tecnologia in sé, ma l’approccio culturale con cui la affrontiamo. Guardiamo al digitale ancora con diffidenza, lo subiamo invece di sfruttarlo, lo vediamo come qualcosa di accessorio invece che come il cuore della crescita economica e sociale. Abbiamo imprenditori brillanti che si affidano ancora ai vecchi metodi, scuole che insegnano materie fondamentali ma trascurano il digitale, un dibattito pubblico che spesso tratta la tecnologia con superficialità o allarmismo, senza spiegarne davvero le potenzialità.
Eppure, il digitale è il settore con più opportunità di lavoro. I professionisti della tecnologia vengono pagati molto bene e le aziende fanno fatica a trovarli. Se formassimo più giovani alle competenze digitali, non solo creeremmo posti di lavoro, ma ridurremmo la disoccupazione e daremo speranza a un’intera generazione. Invece, oggi i nostri talenti fuggono all’estero perché qui non trovano abbastanza opportunità, mentre il mondo digitale offre stipendi alti e crescita veloce.
Per colmare questo divario serve un cambio di mentalità. La TV e la radio dovrebbero avere programmi quotidiani dedicati, non solo per gli addetti ai lavori ma per tutti. Nelle scuole il digitale dovrebbe essere una materia di base, trasversale a tutte le discipline, perché oggi non è più un settore a sé ma il fondamento su cui si costruisce ogni professione. Anche nelle aziende e nella pubblica amministrazione il digitale deve diventare una priorità, non un ostacolo da aggirare.
Se cambiassimo approccio, potremmo creare migliaia di nuovi posti di lavoro, ridurre la fuga di cervelli e dare ai nostri giovani la possibilità di costruire il loro futuro qui, in Italia, invece di cercarlo altrove. L’Italia ha tutto. Dobbiamo solo imparare a sfruttare davvero il digitale, farlo nostro e usarlo come leva per il futuro. Perché se avessimo la stessa mentalità innovativa che abbiamo nella manifattura e nell’industria anche nel digitale, nessuno potrebbe fermarci.
