Meta perde un pezzo importante. Joelle Pineau, vicepresidente della ricerca sull’AI, lascia l’azienda dopo otto anni. Era a capo del team FAIR, il cuore della ricerca più avanzata. Quando figure come questa se ne vanno, si aprono interrogativi su dove stia andando davvero la ricerca interna delle Big Tech. E soprattutto su quanto spazio ci sia ancora per la scienza, in mezzo a interessi sempre più commerciali.
Alibaba, invece, accelera. Ha già annunciato il rilascio di Qwen 3, il suo nuovo modello di punta, proprio questo mese. E ne ha già lanciati tre la settimana scorsa. Siamo davanti a una corsa forsennata, soprattutto in Asia, dove l’obiettivo è superare gli Stati Uniti non solo nella velocità, ma nella qualità delle AI. E anche se ne parliamo poco, sottovalutare la Cina oggi è come ignorare l’esistenza di internet nel ‘99.
OpenAI ammette di avere problemi con le GPU: ce ne sono troppo poche, e questo rallenterà le nuove funzionalità. Se mancano le GPU, non è solo un problema tecnico: è un segnale geopolitico. Chi controlla la produzione dei chip, oggi, controlla il futuro dell’intelligenza artificiale. E anche della nostra economia.
Sempre da Meta arriva MoCha, un nuovo modello AI che trasforma audio e testo in animazioni vocali iper-realistiche. Un’altra tappa verso la creazione di avatar sempre più credibili, capaci di parlare come noi, muoversi come noi e forse, un giorno, sostituirci nei video. Le implicazioni vanno ben oltre il mondo dell’intrattenimento. Perché se un avatar può parlare al posto nostro, può anche mentire meglio di noi.
E poi MiniMax, che ha appena lanciato Speech-02, un modello text-to-speech ultra-realistico in oltre 30 lingue. Sentire una voce sintetica che sembra vera, oggi, non stupisce più. Ma è proprio questa la trappola: ci stiamo abituando. E quando non distinguiamo più tra reale e artificiale, chi controllerà le voci, controllerà le verità.