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Chiedono meno regole? Ma quali regole, che negli Stati Uniti già oggi fanno quello che vogliono.

Chiedono meno regole? Ma quali regole, che negli Stati Uniti già oggi fanno quello che vogliono. Non c’è GDPR, non c’è AI Act, non c’è una vera autorità che controlli cosa succede davvero nei loro modelli. E adesso vanno pure al Senato a dire che serve “meno burocrazia”, “meno controlli”, “più libertà”?

La verità è che vogliono tutto. Vogliono i soldi pubblici per costruire le infrastrutture, ma senza dover rendere conto a nessuno. Vogliono esportare i chip ovunque, anche dove ci sono rischi geopolitici, ma guai a mettergli dei paletti. Vogliono formare il personale con fondi federali, ma poi decidere in casa loro chi può usare l’AI e chi no.

E allora viene da chiedersi: se già ora non hanno quasi regole, cosa chiedono davvero? Di poter entrare in camera nostra, misurarci la pressione, e dirci anche quale decisione etica dovremmo prendere sulla base dei loro algoritmi?

Perché è questo il punto. Il rischio non è solo perdere la leadership tecnologica rispetto alla Cina. Il rischio è perdere anche quella culturale, democratica, sociale. Se lasciamo che siano solo le aziende a guidare lo sviluppo dell’intelligenza artificiale, senza regole, senza limiti, senza un’idea pubblica di cosa è giusto o sbagliato, non stiamo difendendo l’innovazione. Stiamo svendendo la nostra autonomia.

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