Quando un dipendente se ne va, il problema non è solo chi lo sostituirà. Nel mondo digitale, il vero rischio è quello che potrebbe lasciare dietro di sé. E non parliamo di scrivanie in disordine, ma di kill switch, accessi nascosti e vere e proprie trappole digitali.
È il caso di Davis Lu, ingegnere della Eaton Corporation, che dopo essere stato licenziato ha attivato un codice segreto che ha bloccato i sistemi dell’azienda, causando milioni di dollari di danni. Una sorta di interruttore di emergenza, ma al contrario: invece di proteggere, ha paralizzato tutto.
E questa è solo la punta dell’iceberg. Il problema è che molte aziende si illudono che basti cambiare una password e tutto sia risolto. Ma se un dipendente ha avuto il tempo di creare backdoor, automatismi nascosti o meccanismi di autodistruzione, ci si ritrova con una bomba a orologeria pronta a esplodere.
Non è solo una questione di vendetta. Spesso ci sono errori di gestione: credenziali rimaste attive, accessi dimenticati, sistemi critici dipendenti da una sola persona. Insomma, falle enormi che possono trasformarsi in disastri.
La soluzione? Regole ferree sugli accessi. Dare a ciascuno solo i permessi strettamente necessari, monitorare in modo continuo e revocare tutto immediatamente quando qualcuno lascia l’azienda. E soprattutto, evitare che un’intera infrastruttura dipenda dalle chiavi digitali di una singola persona.
Perché nel mondo digitale il vero potere non è in un ufficio ai piani alti, ma in una riga di codice ben piazzata.