La possibilità di fare pagamenti digitali ha semplificato la vita di tutti: è un modo veloce e pratico di scambiarsi denaro.
Eppure in Italia, finita l’emergenza sanitaria, il contante ha guadagnato terreno, tornando a essere il mezzo preferito da circa un italiano su tre per gli acquisti fisici. In realtà, secondo gli esperti, si tratta di una stabilizzazione dopo il picco di pagamenti digitali avvenuto in pandemia: i mezzi di pagamento elettronici, dice una recente ricerca, sono ancora i preferiti da metà della popolazione.
Il vero problema è che le persone non sempre riescono a pagare come vorrebbero: quando, dopo aver fatto acquisti, l’italiano si avvicina alla cassa e apre il portafoglio, quasi in un caso su due è costretto ad adattarsi, cioè ad utilizzare un mezzo di pagamento diverso da quello che desidererebbe. I motivi sono vari: in quel negozio non si può proprio pagare in quel modo, oppure ci sono problematiche tecniche o esistono altre ragioni, per esempio i costi associati alla transazione.
Certamente, per far sì che la gente paghi sempre più spesso per via digitale, bisogna intervenire sulle commissioni, ancora troppo elevate. Ma non dimentichiamo che esistono sistemi di pagamento digitali con costi bassi o tendenti allo zero. Una cosa è certa: in questo caso, come per tutto quello che riguarda la trasformazione digitale, non si torna indietro. Le invenzioni non si possono disinventare.
I pagamenti digitali sono stati inventati, ce ne sono di diversi tipi a seconda delle diverse esigenze, e aiutano individui e aziende a pagare in modo più comodo ed efficace. Naturalmente questa, come altre innovazioni, deve essere normata nel modo più adeguato.
Ma ad oggi l’evoluzione di un popolo si misura anche dal livello di adozione di questo tipo di pagamenti.