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La grande partita dell’intelligenza artificiale si gioca ormai sul filo della geopolitica, della finanza e persino dello spettacolo.

La grande partita dell’intelligenza artificiale si gioca ormai sul filo della geopolitica, della finanza e persino dello spettacolo. Guardate Huawei: dopo essere stata messa fuori gioco dagli Stati Uniti con restrizioni commerciali pesantissime, rilancia alla grande con un nuovo chip, il 910C, potente abbastanza da sfidare direttamente Nvidia. È una mossa che dice chiaramente: non abbiamo più bisogno di voi, facciamo da soli.

Intanto Elon Musk, che quando c’è aria di innovazione non si tira mai indietro, cerca di raccogliere oltre 25 miliardi di dollari per fondere X con la sua azienda d’intelligenza artificiale xAI. Se riuscirà nell’impresa, il nuovo colosso potrebbe valere fino a 200 miliardi, entrando in sfida diretta con Google e OpenAI. Perché oggi l’AI non è più solo una tecnologia, è un vero campo di battaglia dove conta la velocità e la capacità di attrarre investimenti colossali.

Ma non tutto fila sempre liscio. Amazon, ad esempio, sta subendo forti critiche dagli utenti che hanno scoperto come aggirare i limiti imposti dal servizio Bedrock usando direttamente le API di Anthropic. Perché, alla fine, le barriere artificiali non reggono: quando gli utenti vogliono qualcosa, la ottengono comunque, con buona pace delle aziende che cercano di controllarli.

Nel frattempo, Anthropic stessa prova a mettere ordine pubblicando una guida per il suo Claude Code, spiegando agli sviluppatori come sfruttare al meglio le capacità del proprio sistema. Non è solo una questione tecnica, è il segnale che la differenza oggi la fa chi sa spiegare bene, non solo chi ha la tecnologia più avanzata.

E anche ElevenLabs sta rivoluzionando l’uso quotidiano dell’AI con il lancio di “Agent-to-Agent Transfers”, ovvero la possibilità per diversi agenti intelligenti di passarsi compiti e informazioni in modo autonomo, cambiando completamente l’efficienza e la velocità di risposta.

Perfino il cinema non può più fare a meno dell’intelligenza artificiale: l’Academy ha dichiarato che i film che la useranno non saranno penalizzati o favoriti per gli Oscar. È l’ufficializzazione definitiva che l’AI non è più una curiosità, ma una risorsa creativa ormai irrinunciabile.

L’intelligenza artificiale, insomma, non è più soltanto futuro. È già presente, ed è molto più vicina e potente di quanto immaginiamo.

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