L’Aquila vuole diventare uno dei punti di riferimento in Europa per la smart mobility, la mobilità intelligente, grazie al centro di ricerca e sviluppo della sua Università dedicato ai trasporti e alla mobilità del futuro. Un esempio di come si può fare innovazione tecnologica e digitale al Centro-Sud. Servono però investimenti e tante infrastrutture in più perché i casi di questo tipo siano sempre più numerosi.
Il progetto abruzzese è portato avanti da ricercatori e professori dell’Università dell’Aquila insieme ad enti pubblici e privati, e riguarda principalmente l’auto connessa, quella in grado di “dialogare” con altre auto e con la strada, un mezzo che guideremo con sempre maggiore frequenza nei prossimi anni. Per far funzionare questi veicoli è centrale l’Internet of Things, l’Internet delle Cose che consente appunto agli oggetti di comunicare tra loro.
Al Sud cresce costantemente la capacità di utilizzare queste e altre tecnologie, anche se in modo ancora limitato rispetto ad altre aree nazionali. Secondo un rapporto diffuso l’anno scorso dall’Area Studi di Mediobanca, tre imprese del Mezzogiorno su quattro hanno intenzione di investire nel digitale entro il 2024. Meno di una su due vuole fare co-innovazione, cioè collaborare con realtà esterne, e il 32% ha intenzione di lavorare con le università.
Come quella abruzzese, appunto, ma non solo. La Federico II di Napoli ha intenzione di sviluppare il primo computer quantistico d’Italia (ne abbiamo scritto in un precedente post). E il Politecnico di Bari, l’anno scorso, ha deciso di portare in città soluzioni digitali e tecnologie avanzate per migliorare la mobilità. Anche questa un’iniziativa di smart mobility.
Le regioni meridionali sono in grado di portare avanti sperimentazioni di successo nel mondo digitale: bisogna fare in modo che non siano casi isolati, perché il loro impegno può dare vantaggi non solo agli abitanti locali, ma a tutto il Paese.