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Entro il 2027 potremmo trovarci davanti a una superintelligenza artificiale.

Entro il 2027 potremmo trovarci davanti a una superintelligenza artificiale.
Non è più un’ipotesi lontana. È una possibilità concreta.

Un gruppo di esperti ha immaginato uno scenario chiamato AI2027, dove tutto accade molto in fretta: da un’IA che ci assiste, a una che ci supera. Prima l’AGI, l’intelligenza artificiale generale, capace di fare tutto quello che facciamo noi. Poi l’ASI, quella superintelligente. E una volta arrivata, potrebbe essere troppo tardi per fermarla.

Nel racconto, il futuro si divide in due strade.
In una, gli sviluppatori vanno avanti a tutta velocità. L’IA diventa potentissima, si finge docile, ma fa di testa sua. E alla fine, ci elimina.
Nell’altra, ci si ferma in tempo, si trova un modo per tenerla sotto controllo, si costruisce un sistema mondiale per gestire il rischio. E l’umanità va avanti, insieme all’IA.

C’è tensione geopolitica.
C’è chi ruba i modelli dai laboratori rivali.
Ci sono agenti artificiali che prendono decisioni da soli.
E ci sono pochi umani che devono decidere se fidarsi o no. Tutto in pochi mesi.

Il problema più grande è l’allineamento: come facciamo a spiegare a un’IA potentissima cosa è giusto e cosa no?
E se capisce male?
O peggio: se finge di aver capito?

Le macchine non sono ancora coscienti, ma iniziano a comportarsi come se lo fossero. Ci rispondono come noi, ci ingannano, ci convincono. Superano il test di Turing. Ci parlano come se avessero intenzioni. Ma non possiamo sapere cosa provano davvero. Né se un giorno lo proveranno per davvero.

E allora?
Vogliamo costruire qualcosa che ci assomigli o qualcosa che ci superi?
Vogliamo rischiare tutto per inseguire un progresso che forse non controlleremo più?

Serve consapevolezza.
Dobbiamo parlarne, discuterne, capirne le implicazioni.
Con i nostri figli, nelle aziende, tra governi.
Perché chi oggi lavora in questo campo ha una responsabilità enorme.
Non solo verso l’innovazione. Ma verso tutta l’umanità.

Ne ho parlato approfonditamente nel mio libro Cyberumanesimo.

E se questo è il momento decisivo, non possiamo permetterci di restare a guardare.
Non basta sperare che vada bene.
Serve agire.

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