Dopo l’esplosione delle applicazioni basate sui large language models, ora siamo entrati in una nuova fase.
È il momento degli agenti intelligenti.
Una trasformazione radicale che cambierà il volto delle aziende.
Perché non si tratta solo di strumenti più avanzati.
Stiamo parlando di un nuovo modo di lavorare, di decidere, di produrre valore.
In molti si chiedono di cosa si tratta.
Ed è importante che tutti lo capiscano.
E che lo capiscano bene.
Perché questa differenza, oggi, può voler dire sopravvivere… oppure no.
Sembra esagerato? Lo capisco. Ma credetemi: è vero.
Allora, seguitemi bene.
Gli AI Agent sono sistemi software basati sull’intelligenza artificiale.
Non eseguono semplici comandi.
Ragionano, pianificano, agiscono e imparano.
Funzionano come collaboratori digitali capaci di prendere decisioni in autonomia, mantenere la memoria delle attività svolte e migliorare col tempo.
Ogni agente si muove in un ciclo continuo: pensa, pianifica, agisce e riflette.
Processa dati, sceglie come raggiungere un obiettivo, lo esegue usando strumenti o API, e poi analizza il risultato per capire come fare meglio la prossima volta.
È questo ciclo che li rende così potenti.
Pensiamoli come stagisti instancabili e sempre più bravi.
Lavorano da soli, ma sotto la nostra direzione.
Possiamo delegare loro compiti complessi: raccogliere dati, incrociare fonti, generare report, interagire con sistemi esterni.
E più lo fanno, più migliorano.
Ma cosa significa davvero tutto questo, nella pratica?
Significa che possiamo dire al nostro agente:
“Controlla la mia mail, e se trovi un allegato con una presentazione, mandami un messaggio su WhatsApp con un riassunto automatico dei contenuti.”
E lui lo fa. Sempre.
Oppure:
“Prendi tutte le email con ordini ricevuti questa settimana, estrai i dati e crea un file Excel con l’elenco dettagliato. Poi salvalo su questo hard disk, invialo via mail al mio collaboratore e pubblica un aggiornamento per il mio team su LinkedIn. E già che ci sei, traduci il tutto in giapponese e mandalo anche al nostro gruppo di contatti giapponesi.”
Sì, tutto questo. In autonomia. E in tempo reale.
Non è fantascienza. È già realtà.
Non esiste un solo tipo di agente.
Alcuni rispondono a regole fisse.
Altri ragionano in base alla memoria.
Ci sono quelli che si muovono in base a un obiettivo da raggiungere, e quelli che valutano ogni opzione per scegliere la più vantaggiosa.
E poi ci sono quelli che imparano da soli, in modo continuo.
Le aziende più avanti stanno già costruendo squadre di agenti.
Ognuno con un compito.
Alcuni eseguono. Altri coordinano. Altri ancora collaborano direttamente con le persone.
Una vera architettura distribuita, dove l’intelligenza non sta in un punto solo, ma è ovunque.
E tutto questo non è più solo teoria.
Esistono già strumenti che ci permettono di costruire e gestire questi agenti.
Uno dei più noti è n8n, una piattaforma open source che consente di creare flussi di automazione complessi in modo visuale, mettendo insieme agenti e API come se fossero pezzi di un puzzle.
Oppure LangChain, che permette di integrare modelli linguistici e memorie per costruire agenti personalizzati.
O ancora AutoGen, un framework che consente a più agenti di collaborare tra loro per risolvere compiti complessi.
Gli agenti intelligenti non sono il futuro.
Sono già qui.
E stanno cambiando le regole del gioco.