Abbiamo sempre voluto la semplificazione e la digitalizzazione anche del settore pubblico, forse questa è la volta buona in cui arriva, ci speriamo davvero. In linea di principio il “domicilio digitale” dovrebbe essere un luogo in cui ricevere tutte le comunicazioni della pubblica amministrazione, in modo più facile e con meno rischi di perderle. Vediamo a grandi linee come funziona e come è stato realizzato.
Rimborsi fiscali, avvisi, multe e altri documenti che finora ci arrivavano per posta cartacea adesso possono essere consegnati direttamente sulla nostra Pec, l’email certificata, facendoci risparmiare tempo e semplificandoci la vita. Se ci iscriviamo all’Inad, Indice Nazionale dei Domicili digitali, e diamo nominativo, indirizzo Pec e codice fiscale, gli enti pubblici sapranno che abbiamo una “casa digitale”, e in questa casa c’è una cassetta della posta sempre aperta, perciò imbucheranno nella cassetta tutte le comunicazioni con valore legale.
Rimborsi e multe, come dicevo, ma anche atti, cartelle esattoriali, documenti e corrispondenza dalla pubblica amministrazione. Non ci sarà più la possibilità che ad esempio, in nostra assenza, la portiera si dimentichi di consegnarci una comunicazione importante, o che l’ufficio postale smarrisca una raccomandata, con il rischio di dover spendere ancora più soldi in sanzioni per mancato pagamento o dover fare trafile burocratiche aggiuntive. Tutto resterà online, quindi verificabile e accessibile in qualsiasi momento.
Per avere un domicilio digitale basta essere maggiorenni. Ci si può iscrivere anche come professionisti o come enti di diritto privato. Farlo è semplice, ma la cosa fondamentale è avere anche un indirizzo Pec, quel tipo di posta elettronica che permette di inviare e ricevere comunicazioni con valore legale. Chi non ce l’ha dovrà attivarla.
Dopodiché ottenere il domicilio digitale è questione di alcuni passaggi: si va sulla domiciliodigitale.gov.it e si inizia la registrazione tramite Spid, oppure con la Carta Nazionale dei Servizi (CNS) o con la Carta di Identità elettronica (CIE). Lo Spid, lo ricordo, è il Sistema Pubblico di Identità Digitale che ci consente di utilizzare, con una identità digitale unica, i servizi online della pubblica amministrazione e dei privati accreditati.
Una volta completata la registrazione all’Inad, il nostro domicilio digitale è stato costruito ed attivato. La procedura è operativa già dal 6 luglio.
Ai vantaggi abbiamo accennato: cittadini, professionisti e imprese potranno risparmiare sui costi dei servizi, non dovranno più fare code agli sportelli e avranno la certezza di un luogo dove ricevono quello che serve per sbrigare commissioni, pratiche e portare avanti la propria attività. D’altra parte, per gli uffici pubblici sarà comodo e pratico avere un indirizzo per poter contattare le persone in modo veloce ed efficace.
Ci sono svantaggi? Come per tutte le cose, bisogna più che altro adattarsi al cambiamento. Il cittadino dovrà controllare periodicamente la casella Pec, che magari prima giaceva semi-dimenticata, perché, da quando arriva l’email certificata, scattano i tempi per il pagamento e per eventuali ricorsi o scadenze. Ma anche questo non è un problema: basta attivare le notifiche disponibili per non perdersi nessuna email.
C’è poi la questione delle persone che hanno meno familiarità con il digitale, di solito la fascia più anziana della popolazione, che purtroppo fatica ad usare questo come altri strumenti digitali. Non bisogna dimenticare gli anziani, anzi bisogna aiutarli, cercando di spiegare e rispiegare le cose, occupandosi in modo specifico della loro formazione (non è mai troppo tardi per imparare) e stando loro vicini se hanno bisogno di essere guidati nel mondo di Internet.