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Ci vuole una AI di Stato?

L’intelligenza artificiale è il superpotere del nostro tempo. La usiamo per creare, lavorare, decidere e persino per delegare parti della nostra vita quotidiana. Ma, come diceva lo zio Ben a Spider-Man, da grandi poteri derivano grandi responsabilità. Eppure, in questo momento, chi sta davvero controllando questo potere?

Oggi, la corsa all’IA è dominata da poche aziende private, con Stati Uniti e Cina a spartirsi la torta. OpenAI, Google, Microsoft, Anthropic, Baidu, Alibaba: tutti colossi privati che stanno costruendo il futuro dell’intelligenza artificiale. L’Europa, invece, rischia di restare solo spettatrice. Ha senso lasciare una tecnologia così potente nelle mani di aziende che rispondono solo ai loro azionisti? Forse è arrivato il momento di pensare a un’IA pubblica, un’intelligenza artificiale gestita da uno Stato o da un consorzio internazionale, che abbia come obiettivo il bene collettivo e non solo il profitto.

Negli ultimi mesi, alcuni dei più grandi scienziati europei, tra cui il premio Nobel Giorgio Parisi, hanno lanciato un’idea ambiziosa: creare un “CERN dell’Intelligenza Artificiale”. Un centro di ricerca pubblico, finanziato dagli Stati, per sviluppare tecnologie IA in modo trasparente e accessibile a tutti, senza dipendere dalle Big Tech. L’idea ha raccolto oltre 3.000 firme tra scienziati e ricercatori ed è stata discussa persino dalla Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen.

Un’IA statale garantirebbe che la tecnologia sia usata per il bene della società, non solo per il profitto. Oggi l’Europa è completamente dipendente dagli Stati Uniti e dalla Cina per i modelli IA. Un’infrastruttura pubblica ridurrebbe questa vulnerabilità. Le aziende private fanno innovazione, ma sempre con un interesse economico. Un’IA pubblica potrebbe concentrarsi su scoperte di lungo termine, senza pressioni commerciali. Con un’IA di Stato, cittadini e imprese avrebbero accesso a modelli di intelligenza artificiale senza dover pagare licenze esorbitanti alle Big Tech.

Ovviamente, un progetto del genere non sarebbe economico. Secondo un report dell’International Center for Future Generations, un’infrastruttura di questo tipo richiederebbe un investimento iniziale di 31,5 miliardi di euro. Una cifra alta, ma non impossibile, se distribuita tra tutti i paesi europei. Per fare un confronto, l’Europa ha speso quasi il doppio per il piano di aiuti Covid. Eppure, nessuno ha messo in discussione l’importanza di quel finanziamento. Perché, allora, non investire in un’infrastruttura che potrebbe determinare il nostro futuro tecnologico ed economico?

Oggi siamo in una situazione paradossale: mentre i governi si affannano a regolamentare l’IA, le aziende private corrono avanti, sviluppando modelli sempre più potenti. OpenAI ha già annunciato l’IA che “ragiona” come un essere umano, e Google sta creando agenti artificiali sempre più sofisticati. Siamo sicuri di voler lasciare il futuro in mano a chi cerca solo il massimo profitto? Non è tempo di avere un’IA che risponda agli interessi dei cittadini, piuttosto che a quelli di un consiglio d’amministrazione? Forse, l’intelligenza artificiale di Stato non è un’utopia. Forse è l’unico modo per non diventare sudditi digitali di chi controlla la tecnologia.

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