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Ci sono numeri che vanno oltre le previsioni, e stavolta tocca ai robot industriali.

Secondo l’ultimo report di Future Market Insights, questo mercato – che oggi vale circa 55 miliardi di dollari – è destinato a crescere fino a 296 miliardi entro il 2035. Una cifra impressionante, che ci dice molto di più di quanto sembri. Perché dietro quei numeri non ci sono solo macchine che assemblano e saldano. C’è una trasformazione radicale del lavoro.

Sempre più industrie stanno automatizzando interi processi produttivi. Alcune per aumentare la produttività, altre semplicemente per sopravvivere in un mercato ipercompetitivo. Ma quello che colpisce è la velocità: robot più agili, intelligenti, programmabili, addestrati per adattarsi al contesto e collaborare con gli esseri umani. Non sono più solo bracci meccanici chiusi in gabbie d’acciaio. Sono compagni di linea, integrati in fabbrica, silenziosi ma potentissimi.

E non è solo questione di costi. I robot industriali non vanno in malattia, non scioperano, non si stancano. Una tentazione forte per chi gestisce aziende. Ma a quale prezzo? Ogni linea automatizzata è un posto di lavoro umano in meno. O, nel migliore dei casi, è un lavoro che cambia forma, richiede nuove competenze, nuove responsabilità.

Questa transizione è già in corso. Il punto è capire se stiamo accompagnando le persone nel cambiamento… o se le stiamo semplicemente lasciando indietro.

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