Bill Gates ha detto che nel futuro, con l’avanzare dell’Intelligenza Artificiale, resteranno solo tre tipi di lavoro davvero al sicuro.
Tre.
Non perché saranno più importanti degli altri, ma perché sono quelli che, secondo lui, almeno per ora, le macchine non sanno fare bene quanto noi. Secondo Gates, sopravviveranno i mestieri legati all’empatia, alla creatività e alla manualità avanzata.
Quindi, chi lavora nell’assistenza alle persone, chi crea qualcosa di nuovo e chi usa le mani con abilità — come un idraulico o un meccanico — sarà ancora necessario. Perché? Perché l’AI non è empatica, non ha un corpo e soprattutto non ha esperienza di vita.
Ora, non vorrei sembrare presuntuoso, non voglio certo mettermi in cattedra davanti a Bill Gates… ma qui tocca dirlo: i robot antropomorfi stanno già imparando benissimo a usare le mani.
Hanno dita, pinze, sensori di pressione e una coordinazione che, in alcuni casi, è pure più precisa della nostra. Possono montare, smontare, infilare viti, cucire. E lo fanno instancabilmente, senza pausa caffè.
Quindi anche quel pezzo — quello della manualità — forse è già andato.
E sull’assistenza alle persone? Beh, anche lì stanno arrivando robot che ci parlano, ci ascoltano, ci portano le medicine, ci aiutano ad alzarci dal letto, ci fanno compagnia. Certo, manca ancora qualcosa. Ma quanto ci metteranno?
Forse davvero l’unico lavoro che resterà sarà creare qualcosa di nuovo. Qualcosa che prima non c’era. Un’idea, una visione, una storia. O forse anche quello sarà solo l’ultima illusione.
Il punto è che l’AI non si ferma. Ma nemmeno noi.
E possiamo ancora scegliere che ruolo avere in questa storia.