In Italia si spende poco per la cybersecurity e si criticano persino quei pochi soldi che si investono. Ma poi, quando arriva il danno, ci chiediamo tutti sorpresi: “E come mai è successo proprio a noi?”. Eppure la risposta ce l’abbiamo davanti agli occhi, nero su bianco nei dati.
Pensate che l’Italia dedica appena lo 0,12% del suo PIL alla sicurezza informatica, contro percentuali ben più alte di altri Paesi avanzati. Vi faccio un esempio concreto: per ogni 6,4 miliardi di PIL, in Italia ci becchiamo un attacco informatico grave che va a segno. In Europa succede ogni 17,6 miliardi, negli Stati Uniti addirittura ogni 26,8 miliardi. Una differenza enorme, praticamente il triplo o il quadruplo rispetto a noi!
Meno spendiamo, più diventiamo vulnerabili. Non serve essere esperti per capire che se continuiamo a risparmiare oggi, domani ci toccherà pagare molto di più per riparare ai danni subiti. L’ironia è che siamo sempre pronti a criticare i soldi investiti in protezione digitale, ma diventiamo subito campioni del mondo del “si poteva fare di più” dopo un attacco.
Insomma, più spendiamo, meno siamo vulnerabili. E mentre continuiamo a discutere se questi investimenti siano necessari o meno, i criminali informatici ringraziano. Che fare allora? Serve una presa di coscienza generale: è ora di capire che la cybersecurity non è una spesa, ma un’assicurazione sul nostro futuro.
Ricordiamocelo prima del prossimo attacco, quando potrebbe essere troppo tardi.
