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Tutti parlano di AI generativa, ma intanto…

Tutti parlano di AI generativa, ma intanto si sta formando una nuova generazione di modelli che ragionano di più, pensano più a lungo, e forse iniziano anche a capire. DeepSeek ha rilasciato un aggiornamento al suo modello R1: una semplice “minor trial update”, come dicono loro. Ma dietro questa frase banale c’è qualcosa di più. L’aggiornamento punta a migliorare il ragionamento, la memoria temporale e il comportamento generale del modello. È come se stessimo insegnando a queste intelligenze a fermarsi un attimo, riflettere, e poi decidere. Non è solo potenza: è direzione. E la direzione è chiara.

Intorno all’intelligenza artificiale, si muovono ormai i big della Silicon Valley. Reed Hastings, il fondatore di Netflix, entra nel board di Anthropic. Un nome che significa strategia, media, globalizzazione. Hastings ha reinventato la distribuzione dei contenuti. Ora contribuirà a immaginare come si distribuisce… il pensiero automatizzato. Non è una nomina casuale. È un segnale di come il mondo del contenuto e quello dell’intelligenza artificiale stiano diventando la stessa cosa.

OpenAI ha aperto un modulo per permettere ai developer di usare “Sign in with ChatGPT” nelle proprie app. Sembra una funzione marginale, ma è un cambio radicale. Significa che l’identità digitale potrebbe passare attraverso un’interfaccia conversazionale. Non più login e password, ma un’identità che parla con noi, ci rappresenta, ci segue tra le piattaforme. Se ci pensiamo, è il primo passo verso agenti personali che non solo ci aiutano, ma ci impersonano.

Odyssey ha mostrato un video interattivo generato da un modello AI che risponde in tempo reale alle interazioni. Non è solo generazione video. È uno spazio in cui ci muoviamo e che ci risponde. Cambia la logica della fruizione: non siamo più spettatori, ma co-autori. È una novità tecnica, certo. Ma anche un ribaltamento culturale. Se funziona, potrebbe riscrivere l’intero concetto di narrazione digitale.

Nel frattempo, i ricercatori cinesi hanno creato FLARE, un modello AI che prevede le esplosioni stellari. Sembra un progetto da astrofili, ma in realtà riguarda anche noi. Queste esplosioni influenzano la vita nei pianeti vicini. Prevederle significa capire dove cercare la vita. E dove forse, un giorno, potremo trasferirci. Anche questo è AI: non solo bot che rispondono, ma strumenti che estendono il nostro sguardo fino ai confini del cosmo.

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