Opera l’ha chiamato Neon e lo presenta come il primo browser “agentico” al mondo.
L’intelligenza artificiale non è solo dentro il browser, è il browser.
Neon compila moduli, prenota viaggi, fa acquisti online, risponde alle domande, scrive codice, crea giochi e siti da solo. Anche se siamo offline. Per farlo, usa agenti AI nel cloud che si attivano in background. Un’evoluzione del vecchio “Browser Operator” di cui si era parlato mesi fa, ma ora con ambizioni più grandi. Non è più un tool, è una piattaforma.
Opera apre una lista d’attesa e promette un abbonamento premium, senza dire il prezzo. Intanto Arc abbandona il suo vecchio browser per puntare tutto su Dia, un’interfaccia pensata solo per l’AI. Google, OpenAI e Perplexity sono già al lavoro sul loro browser intelligente.
E quindi?
Quindi tra poco ci troveremo a parlare con il nostro browser. A chiedergli cose da fare, non solo da cercare. Ma qui si apre un altro tema: chi decide cosa fa il browser al posto nostro? Perché questi agenti agiranno per noi, ma imparando da noi. E se sbagliano? Di chi è la responsabilità?
Il futuro della navigazione non è più solo cliccare link. È fidarsi di un’intelligenza che prende decisioni al posto nostro, su una rete dove tutto è connesso e nulla è neutrale.