Mettiamo che da domani, in Europa, sparisca tutto ciò che arriva dagli Stati Uniti in ambito digitale. Tutto. Per legge, per sanzione, per disaccordo geopolitico.
La sveglia suona. Ma non suona, perché era impostata su uno smartphone Android. E Android, sorpresa, è di Google.
Poco male, si può usare un orologio. Ma appena si prende in mano il telefono, c’è un altro problema: niente Gmail. L’indirizzo con cui si accede a metà dei servizi online non esiste più. Niente backup, niente calendario sincronizzato, niente documenti su Google Drive.
Si decide di lavorare da casa. Si apre il portatile, si cerca il link della call… che era su Zoom. Fuori uso. Teams? È Microsoft. Skype? Idem.
Vabbè, si prova con una chiamata classica. Ma senza WhatsApp o Messenger – entrambe di Meta – anche i contatti iniziano a svanire nel nulla. Qualcuno magari è su Telegram, ma poi si scopre che anche le emoji animate non funzionano più.
A quel punto si prova a cercare qualcosa online. Si apre Google… anzi no, non si apre.
Niente Google. Quindi niente Google Maps per capire come arrivare a destinazione. Niente Translate per capire un’email in francese. Niente Google News per leggere le ultime notizie.
Si prova allora con Bing? È Microsoft. DuckDuckGo? Usa infrastrutture americane. E anche volendo usare un motore di ricerca europeo, poi che si fa coi risultati? Molti link portano a contenuti su YouTube. Che non è più accessibile.
Niente tutorial per aggiustare il lavandino, niente video per imparare a cucinare, niente musica in sottofondo mentre si lavora.
A quel punto viene fame. Si apre l’app per ordinare da mangiare. Ma spesso usa Google Maps per localizzare l’indirizzo. Blocchi. Errori. Crash.
Ci si arrende. Si esce a piedi. Senza navigatore, senza mappe. A tentoni. Come negli anni ’90.
E il punto è proprio questo: negli anni ’90, questa roba non c’era. Ma nel frattempo è diventata parte di tutto.
Quella che sembra solo una questione tecnica – chi gestisce un server, chi ospita un’app – in realtà è una questione esistenziale. Cambierebbe il modo di vivere, lavorare, comunicare, perfino di pensare.
L’Europa può anche provare a costruire un’alternativa. Ma se domani tutto questo scompare, non c’è piano B. C’è solo da ricominciare da capo. Con un orologio a pile e una mappa cartacea in tasca.