In Thailandia è arrivato un robot poliziotto. Lo hanno chiamato AI Police Cyborg 1.0. È stato messo in mezzo alla folla durante il Songkran, il festival dell’acqua.
Ha una telecamera a 360 gradi che raccoglie immagini, le incrocia con quelle delle telecamere pubbliche e dei droni, poi manda tutto in tempo reale al centro di comando. Riconosce i volti, analizza i comportamenti, individua se c’è un’arma o se qualcuno sta facendo qualcosa di strano. Riesce perfino a distinguere tra una pistola ad acqua e una vera.
Serve davvero? Forse no. Ma serve a dire che ci stanno arrivando. Anche se questi robot ancora non sanno camminare bene, li stiamo già usando per controllare le persone. E lo stiamo facendo nei momenti più affollati, dove c’è confusione, festa, distrazione.
Il mercato dei robot di sicurezza vale già miliardi. E crescerà ancora. Ma quello che cambia davvero non è la tecnologia. È la nostra abitudine. A essere osservati. A non accorgercene nemmeno più. A pensare che sia normale che ci sia un robot tra noi, che ci guarda, ci analizza, e decide se siamo un pericolo oppure no.