Cultura.
Non è di serie A solo la storia o la filosofia.
Cultura oggi è anche “digitale”.
Se lo ignori tutto o in parte, ti manca un pezzo per comprendere la società attuale e le sue complessità.
Il digitale se non lo domini, ti domina lui.
Ecco perché serve diffondere cultura digitale.
Belli i libri e i documentari sulla storia. Il passato serve per conoscere meglio il presente e a delineare il futuro.
Ma senza la cultura del presente, che passa dalle complessità del digitale, manca la terra su cui stare stabilmente in piedi mentre ti guardi intorno.
Ci vorrebbero decine, centinaia, di programmi di divulgazione digitale. Manifesti per le strade. Volantini. Auto con gli altoparlanti sopra!
Perché ai meno digitali si arriva coi loro mezzi, non con Internet!
Serve raccontare il presente. Quello che molti chiamano futuro ma che in realtà è già qui. Ma che non sono in grado di vedere dal loro osservatorio fatto di scrivanie piene di carta e da uno smartphone che usano prevalentemente per sfogliare i social e mandare messaggi.
Ma serve raccontarlo “a colori”. Non in “bianco e nero” come un vecchio annuncio dell’Istituto Luce. Perché dobbiamo spiegarlo a chi nel frattempo deve pensare ad altro. Mentre cerca di tirare il carretto della vita con le “ruote” quadrate, dobbiamo convincerlo a sostituirle con quelle rotonde. Lui ha altro da fare, mentre fatica a trascinarlo.
Se gli proponiamo il libro o il programma “tutto sulle ruote rotonde” non lo guarda o ce lo tira dietro!
Dobbiamo spiegare il presente così bene da farci ascoltare da chi ha altro da fare per poter alzare gli occhi.
L’Italia lo deve fare adesso! O sarà troppo tardi.
E lo deve fare senza proclami. Senza guru. Senza parole magiche.