Una macchina deciderà quando lanciare la bomba.
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Ci stiamo avvicinando a un punto di non ritorno. L’intelligenza artificiale non solo entra nei centri di ricerca, negli algoritmi di marketing o nei chatbot. Entra nei sistemi nucleari.
È quello che è emerso alla University of Chicago, dove un gruppo di esperti, tra cui fisici, militari e premi Nobel, ha messo in chiaro una cosa: l’integrazione dell’AI nella gestione degli arsenali atomici non è più una possibilità, è una certezza.
La chiamano “automazione del comando e controllo”. Vuol dire che l’AI assisterà nelle decisioni strategiche, nella gestione dei dati sensibili, nella simulazione di scenari di attacco. Vuol dire che, prima o poi, una macchina sarà consultata per decidere se scatenare o meno un conflitto nucleare.
L’ombra lunga è quella dell’errore automatico. I modelli predittivi non hanno senso del dubbio. Non hanno coscienza. Non hanno Petrov. Ci ho fatto un video recentemente. Quel colonnello sovietico che nel 1983 fermò un attacco nucleare per istinto umano. Perché capì che il sistema stava sbagliando. Un’AI non capisce. E non esita.
Ci stanno dicendo una cosa semplice: il tempo per regolamentare è adesso. Non tra dieci anni, non dopo il primo incidente.
Nel frattempo il Doomsday Clock è fermo a 89 secondi dalla fine del mondo. E non lo dicono i complottisti: lo dice il Bulletin of the Atomic Scientists.
E noi? Fermi. A guardare i modelli generativi mentre fanno battute su Instagram.
#DecisioniArtificiali #MCC
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