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55 – Cieca ma ha insegnato all’AI a vedere davvero #DecisioniArtificiali #MCC

Era cieca. E ha insegnato all’intelligenza artificiale a vedere davvero

Maya ha perso la vista da bambina. Ma non ha mai smesso di leggere il mondo. Lo fa con le mani, con le orecchie, con il corpo intero. E con una mente precisa, tagliente. Così arriva all’università, studia informatica, poi visione artificiale.

Sì, visione. La chiamano pazza. Ma lei sa che proprio perché non vede, può accorgersi di quello che manca.

Anni dopo viene assunta in un team che sviluppa un sistema AI per descrivere immagini a persone non vedenti. Funziona, ma dice cose sbagliate. Superficiali. “Un uomo seduto.” “Una donna con una borsa.” Tutto banale, impersonale. E a volte offensivo. Etichette approssimative. Assunzioni tossiche.

Maya capisce subito dov’è il problema. Il sistema “vede”, ma non ascolta. Allora cambia approccio. Chiede che ogni immagine venga descritta a voce da volontari umani, con calma, con sfumature, con contesto. Ascolta migliaia di descrizioni. Le trasforma in dati strutturati. Categorizza i dettagli che davvero contano per chi non vede: tono, relazioni tra oggetti, emozioni, accessibilità.

Poi rivede il dataset originale. Lo pulisce, lo arricchisce. Fa eliminare etichette come “normale” o “anormale”. Introduce categorie nuove: non solo cosa c’è, ma perché è lì, cosa potrebbe succedere, chi potrebbe averlo messo.

Così insegna all’intelligenza artificiale a non descrivere, ma a interpretare. A suggerire, non semplificare. A diventare uno strumento per leggere il mondo, non una fotocopiatrice cieca.

Alla fine, il sistema migliora. Diventa più utile, più rispettoso, più preciso. Non perché vede meglio, ma perché è stato allenato da chi la vista non ce l’ha mai avuta, e proprio per questo ascolta tutto.

Maya non ha portato la vista all’intelligenza artificiale. Le ha insegnato a guardare con attenzione. Che è tutta un’altra cosa.

#DecisioniArtificiali #MCC

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