Netflix ha cominciato a usare l’intelligenza artificiale per tagliare i costi.
Hollywood sta cambiando e rischia il collasso. Non è più una prova. È produzione vera. Trailer, corti, animazioni. Realizzati da indipendenti, e non solo, con strumenti come Runway, Pika, ElevenLabs. A costi ridicoli. In pochi giorni. E con risultati che girano nei festival, vincono premi, arrivano sulle piattaforme.
L’AI non blocca la creatività. La moltiplica. Permette a chi ha idee di realizzarle senza troupe, senza permessi, senza budget. È il sogno di ogni autore. Ma costruito su sabbia.
Perché gran parte dei tool AI è stata addestrata rubando. Milioni di script, musiche, immagini usati senza consenso. Intere scene assorbite da modelli opachi, senza diritti né compensi. Il British Film Institute lo ha detto chiaro: è una minaccia diretta per il settore creativo.
E mentre i creativi giocano con questi strumenti, migliaia di lavoratori rischiano il posto. Montatori, compositori, illustratori, doppiatori. Tagliati fuori in silenzio. Nessuno li ha avvisati.
I sindacati hanno iniziato a reagire. I contratti vengono riscritti. I set cambiano. Hollywood osserva, ma intanto integra. Perché funziona.
È il far west della produzione. Dove tutto è possibile, ma niente è garantito. Né i diritti. Né i crediti. Né la qualità.
L’AI non sostituisce il cinema. Lo riscrive. Ma a partire da opere che non ha creato. Solo imitato.
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