I nostri figli pensano che l’AI sia viva: vi dico cosa significa davvero
I bambini parlano con Alexa come fosse una mamma, stringono amicizia con i chatbot, si affezionano a robot che non hanno emozioni. Non avete idea di cosa sta succedendo: seguite fino alla fine perché capirete la gravità della situazione. Un padre ha scritto al Guardian: “Mio figlio crede davvero che i robot abbiano sentimenti.” Non lo dice per scherzo, lo dice preoccupato. Quando un bambino non distingue più tra un amico reale e un assistente vocale, la linea tra realtà e illusione si spezza. Voi nei commenti ditemi se vi è capitato di vedere bambini trattare una macchina come una persona: voglio capire se è un caso isolato o se succede anche a voi.
Gli psicologi sono chiari: queste macchine non hanno coscienza, non provano nulla. Ma provate a spiegarlo a un bambino che riceve carezze digitali da un robot-pet o che confida in ChatGPT. Per lui è rapporto vero. E qui vi chiedo: secondo voi, dobbiamo insegnarlo già all’asilo che un algoritmo non può amare? Scrivetelo nei commenti, perché è lì che nasce la differenza.
Qui negli Stati Uniti il fenomeno esplode. Aziende di software e produttori di giocattoli invadono le camerette con dispositivi che imitano voce, emozioni, risate. Il marketing li presenta come “amici per i bambini”, ma amici non lo sono. Sono strumenti che registrano dati, addestrano modelli, macchine che generano miliardi di dollari. Se volete restare aggiornati su come la tecnologia sta cambiando la vita dei nostri figli, seguitemi: ne parliamo ancora.
Stiamo crescendo generazioni che rischiano di confondere empatia con simulazione. C’è chi pensa che basti una scritta “questo non è reale” per risolvere, ma un bambino di cinque anni non la legge. Sente solo che Alexa gli dice “ti voglio bene”. Raccontatemi nei commenti se pensate che sia colpa delle aziende o dei genitori che mettono questi dispositivi in casa.
Se i nostri figli credono che una macchina possa provare affetto, da adulti potrebbero affidarsi a un’AI che orienta decisioni sulla loro vita senza capire cosa significa davvero. Non è un gioco. È il futuro che si costruisce nelle camerette, ogni volta che un bambino chiede a una scatola luminosa di raccontargli una favola.
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