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155 – L’AI decide chi ci piace. Come cambiano gli incontri romantici

L’AI decide chi ci piace. Come cambiano gli incontri romantici

La vera novità del dating non sono le app, è che ora a decidere chi ci piace è sempre di più l’intelligenza artificiale. Seguitemi fino alla fine che vediamo cosa succede quando una macchina decide le nostre foto, i nostri match e perfino l’idea di “partner ideale”.

Tinder sta testando Chemistry: l’AI fa domande, studia come usiamo l’app e, se diamo il consenso, analizza le foto del rullino per capire interessi e stile di vita, poi propone pochi match al giorno ma più mirati, per ridurre la fatica da swipe infinito. Per il gruppo Match non è un giocattolo, è il pezzo centrale della Tinder del 2026, pensata per far ripartire un mercato in calo.

Già oggi però la scelta delle foto non è più davvero nostra. Con Photo Selector, lanciato nel 2024, facciamo un selfie, apriamo il rullino e l’AI seleziona le immagini “migliori” in base a luce e composizione. Tinder dice che tutto gira sul telefono e che siamo noi a confermare, ma intanto è l’algoritmo che decide il nostro biglietto da visita romantico. E i sondaggi mostrano che molti giovani faticano a scegliere la foto principale e sono felici di farsi aiutare: meno fatica, più match.

Qui il punto si sposta: non stiamo solo usando uno strumento, stiamo delegando una parte della scelta. Prima decidevamo noi quali foto mettere e con chi fare match, ora la macchina costruisce il profilo “ottimizzato” e ci serve una lista corta di persone che, secondo le sue statistiche, ci dovrebbero piacere. Facciamo meno swipe, ma facciamo anche meno scelte. Il dating diventa un servizio chiavi in mano: l’AI organizza sia gli altri, sia l’immagine di noi stessi.

Il prezzo nascosto è nella nostra intimità. Per capire chi siamo davvero, Chemistry chiede accesso al rullino, e nel rullino non ci sono solo selfie riusciti. Ci sono documenti fotografati, screenshot di chat, foto di figli, contenuti sessuali nostri o del partner. Sulla carta è tutto opt-in, ma una volta aperto il cassetto digitale dentro entra di tutto. Per ottenere match più “giusti” chiediamo a una piattaforma di dating di conoscere molto più di quanto racconteremmo mai al primo appuntamento.

Mentre le app usano l’AI per filtrare meglio gli umani, cresce un’altra tendenza: il match con l’AI stessa. Piattaforme come Replika permettono di crearsi un partner virtuale personalizzato in ogni dettaglio: aspetto, voce, carattere. Milioni di persone nel mondo non la usano più solo come “amico digitale”, ma come relazione vera, con legami affettivi forti e reazioni di lutto quando l’azienda cambia il modello e “spegne” quel partner.

Su questo, secondo me, tocchiamo un terreno delicato: il partner AI impara tutto di noi, si adatta, non ci contraddice davvero e non se ne va. Rischiamo di abituarci a un rapporto senza conflitto, senza frustrazione, senza fatica. C’è chi usa questi chatbot per sfogare aggressività e insulti, allenando comportamenti che poi possono uscire anche nelle relazioni reali. Non è più solo dating, è allenamento emotivo fatto con una macchina.

Alla fine il dating con l’AI sta andando in due direzioni. Da una parte l’intelligenza artificiale che sceglie “il meglio degli altri” per noi, filtrando e ordinando gli umani. Dall’altra l’AI che si propone come partner definitivo, sempre disponibile e modellabile. In entrambi i casi spostiamo una parte della nostra vita affettiva su sistemi che non provano emozioni, ma imparano a imitarle benissimo.

La domanda secca resta questa: quanto siamo disposti a lasciare che sia una macchina a decidere chi merita il nostro tempo, la nostra fiducia e, alla fine, il nostro amore.

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